Bari, una squadra assiste 150 anziani con Alzheimer e demenza: "Ecco i nostri consigli"

Bari, una squadra assiste 150 anziani con Alzheimer e demenza

“Ecco i nostri consigli”

L’associazione Memory team gestisce il progetto Urca, unità di risoluzione crisi Alzheimer: fornisce anche dispositivi tecnologici per monitorare i pazienti

Un team che, a Bari e in alcuni paesi limitrofi, assiste 150 anziani con morbo di Alzheimer e in generale demenza, e altrettante famiglie. La squadra prima analizza la situazione del paziente, il contesto familiare e ambientale, risponde costantemente alle domande dei parenti, può monitorare l’anziano attraverso dispositivi tecnologici come braccialetti gps e può intervenire tempestivamente in caso di necessità con un pronto intervento in monopattino. “In questo modo potrebbero diminuire sia i costi per il servizio sanitario sia la pressione sugli ospedali e sulle strutture”, spiegano dall’associazione Memory team di Bari che gestisce il progetto Urca, unità di risoluzione crisi Alzheimer.

L’iniziativa – tra i partner ci sono l’Asl Bari, Age Puglia, Associazione Alzheimer Bari e Penelope Puglia – finanziata dal bando “Fermenti” del ministero per le Politiche giovanili, è partita a metà febbraio, operativamente a settembre e terminerà nell’agosto dell’anno prossimo. Vengono assistite 150 famiglie – scelte in base alle segnalazioni dei partner e alle richieste – non solo di Bari ma anche di altri comuni limitrofi come Triggiano e Valenzano.

“L’obiettivo è cercare di ridurre le ospedalizzazioni e l’accesso al pronto soccorso e alle rsa – in questo modo si riducono i costi pure per il servizio sanitario, oltre che per le famiglie – e anche le contenzioni fisiche e farmacologiche. Ma soprattutto vogliamo migliorare il benessere dei pazienti e delle famiglie”, spiega Fabrizio Lattanzio, project manager e ideatore. Oltre a lui, nel team ci sono anche le psicologhe Alessandra Ventrella e Claudia Lograno, le psicoterapeute Alessia Laforgia e Claudia Chiapparino, e l’educatrice Adriana Latti.

In primis la squadra (e in particolare uno psicologo, un educatore e un architetto) dopo aver raccolto i dati dell’anziano assistito, effettua una valutazione ambientale, cioè va a casa del paziente. “Andiamo a capire quali possano essere eventuali problematiche nell’ambiente domestico e facciamo un report per intervenire su quelle criticità – continua Fabrizio – Queste possono portare a un disturbo del comportamento dell’anziano come ansia, deliri, allucinazioni e depressione”. Insomma, una fase all’apparenza semplice ma in realtà molto delicata. “Per esempio in alcune fasi della malattia, i pazienti si sentono più giovani di quello che in realtà sono e quando si guardano allo specchio e non si riconoscono, perché in realtà pensano di avere 50, 40 o addirittura 15 anni, possono avere comportamenti aggressivi. Quindi consigliamo alla famiglia di monitorare il fenomeno ed eventualmente di coprire gli specchi”.

Da evitare anche la frutta finta d’abbellimento: “Non è assolutamente indicata per i pazienti con Alzheimer perché possono causare dispercezioni e tendono a toccarle e a mangiarle”. Tra i problemi più frequenti ci sono i tentativi di fuga: “Questo avviene perché non riconoscono l’ambiente domestico come la loro casa, poiché si ricordano dell’edificio in cui sono nati o cresciuti. Per evitare la fuga, oltre a non mettere le chiavi nello svuotatasche o a girare il chiavistello di notte, dobbiamo camuffare la possibile uscita: noi lo facciamo installando una tenda sulla porta con un’immagine che riproduce una libreria”. L’analisi del contesto comprende anche quella sociale: gli operatori parlano con i familiari ed eventuali altri caregiver.

“Possiamo offrire anche un altro servizio: diamo in comodato d’uso dispositivi tecnologici come un sistema gps per uscire in tranquillità, posizionato su braccialetti o portachiavi (sino a ora ne sono stati richiesti una decina) ma anche videocamere di sorveglianza e portapillole elettronici per non dimenticare la terapia”. Un case manager è a disposizione della famiglia per rispondere alle loro esigenze e dubbi. E infine il team può intervenire anche in caso d’emergenza, in monopattino: “In caso di crisi comportamentali dei pazienti, arriva una chiamata all’operatore di turno, psicologo o educatore, che interviene tempestivamente”.

Sito di Repubblica, 20/10/2022
Autore: Gennaro Totorizzo